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Dopo aver parlato delle componenti di Caillois, che determinano la natura aleatoria o di abilità dei giochi, oggi vedremo cosa si intende per gioco d’azzardo.

Le origini del gioco d’azzardo

Il gioco d’azzardo trova la sua etimologia dall’arabo az-zahr, che significa dado [Treccani]. Per definizione è considerata un’attività ludica “in cui ricorre il fine di lucro e nella quale la vincita o la perdita è in prevalenza aleatoria, avendovi l’abilità un’importanza trascurabile”[Ibidem].

Ci sono numerose e varie tipologie di giochi d’azzardo. I più antichi sono il gioco dei dadi, ma dai reperti archeologici ritrovati si sono riscontrate forme di gioco d’azzardo che richiamano ai rituali magici. I giochi d’azzardo disponibili ai giorni nostri altro non sono che una forma evoluta dei giochi preistorici [Tani, Ilari, 2016]. 

Il gioco d’azzardo oggi

I più recenti si fanno con apparecchi automatici come ad esempio le slot machine, o elettronici, dal computer agli smartphone. Lo sviluppo di internet e delle tecnologie digitali ha permesso alle istituzioni competenti di poter applicare una forma di legalizzazione del gioco d’azzardo. Lo fa secondo il principio di monitoraggio e controllo che le stesse tecnologie sono in grado di offrire. Per questo motivo il poker online è legalizzato, mentre quello live è permesso solo all’interno dei Casino.

Il Gioco d’Azzardo risulta da sempre profondamente radicato nella natura umana e non sembra essere esclusivo di un’epoca, uno stato sociale o una cultura particolari [Savron et al., 2001].

La ludopatia

Il limite principale del gioco d’azzardo è che può dar luogo a dipendenza, approccio compulsivo e anche patologica. E’ la condizione che rende incapaci in maniera cronica di resistere all’impulso al gioco. Questa patologia può generare in alcuni casi delle conseguenze molto negative sulla persona che ne è vittima ma anche sulla sua famiglia e le sue attività professionali. Il gioco d’azzardo oggi è diffuso moltissimo [Savron et al., 2001] fino ad essere considerato oggi una vera emergenza sociale [Tani e Ilari, 2016].

Pietro Semeraro

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